Dopo “ottobre” e “Scarabocchi”, esce oggi venerdì 30 ottobre Latitudine, terzo singolo che anticipa l’album d’esordio di Nicolaj Serjotti in uscita a novembre per Virgin/La Tempesta.
“Questo mio vuoto non si riempie, ma tanto ormai ci ho fatto l’abitudine / Appena posso prendo un volo, cambio latitudine”
Semplici ed essenziali, versi che vanno dritto al cuore di questa nostra attuale condizione esistenziale ma con una sonorità leggera e “colorata” che elimina le tossine dell’angoscia e riporta il tutto alla normale dimensione del sogno a occhi aperti di fuggire via, sul divano, con il sorriso sulle labbra e con la sicurezza che è soltanto questione di tempo.
Latitudine racconta della necessità di distogliere l’attenzione da tutto. Nicolaj sogna di farlo volando verso destinazioni indefinite, dove non ci sia bisogno di pensare e dove ci si possa prendere un momento per cercare una condizione di tranquillità. Questo desiderio si contrappone però alla realtà dei fatti, che lo obbliga continuamente a confrontarsi con problemi concreti quali il tempo che è sempre troppo poco, le incomprensioni e la ricerca della propria identità.
In un tappeto sonoro che strizza l’occhio all’hip hop, con un linguaggio ironico e la capacità di creare immagini e situazioni surreali, la quotidianità della provincia e la ricerca generazionale della propria identità e del proprio posto nel mondo, che stanno al centro della poetica di Serjotti, diventano piccoli e improvvisi riflessi di una condizione più generale.
BIO
Nicolaj Serjotti, 22 anni, viene dalla provincia di Milano. Più precisamente da Milano 7.
Si affaccia alla scrittura sin dai primi anni di liceo e nello stesso periodo conosce Wuf, con il quale comincia a collaborare da subito. Nel 2018 i due rilasciano Oversized Thoughts, un breve EP che determina la nascita dell’immaginario del progetto. Poco dopo entrano in contatto con Fight Pausa, con cui nasce un’intesa che li porta a lavorare insieme al primo disco di Nicolaj, Milano 7, rilasciato da La Tempesta / Virgin il 27 novembre 2020.
Nel progetto trovano spazio varie sfaccettature dell’identità dell’artista, che rivela pezzi di sé tramite una poetica personale e ricca di immagini evocative. Le produzioni sono contraddistinte da una ricercatezza che non stanca, e permettono a Nicolaj di trasportare l’ascoltatore in un mondo di pensieri e riflessioni, ma anche di leggerezza e romanticismo.
TESTO
[Intro]
La guardo spoglia come la mia anima
Come un albero a dicembre
Non so mai cosa dire anche se parlo così tanto che non si direbbe
Poi quasi sempre perdo tempo
A pensare al tempo che ho perso quasi sempre
Oggi mi sono svegliato prima dell’alba
Mi gronda rugiada dalle tempie
[Ritornello]
Questo mio vuoto non si riempie
Ma tanto ormai ci ho fatto l’abitudine
Appena posso prendo un volo
Cambio latitudine
[Strofa 1]
Ci ho provato ma non si riesce
Forse sarà la mia attitudine
Vorrei cambiare latitudine
Sdraiarmi e non pensare a niente
Guardare il tramonto che scende
Tengo la testa tra le nuvole
Ho la fobia dell’altitudine
Ma non mi farai scendere facilmente
So come ci si sente quando ci si sente dentro il corpo di un’altra persona
Quindi me ne puoi parlare e darmi un’impressione
Che non mi impressiona
Io è da vent’anni che non so chi sono so come funziona
Scrivo ad Enrico per andare al Biko e ci andiamo anche se non sappiamo chi suona
Dimmi come si fa a mantenere in equilibrio
Sopra a una mano musica e università
Più un po’ di crisi di identità
Io che avrei voluto solamente vederla divertita
Ma mi guarda storto come un albero ad aprile, il vento tira
Fa la risentita, io scrivo finché non sento più le dita
[Ritornello]
Questo mio vuoto non si riempie
Ma tanto ormai ci ho fatto l’abitudine
Appena posso prendo un volo
Cambio latitudine
Questo mio vuoto non si riempie
Ma tanto ormai ci ho fatto l’abitudine
Appena posso prendo un volo
Cambio latitudine
[Bridge]
Scrivo fino a quando non mi sento più le dita
Scrivo fino a quando non mi sento più le dita
Scrivo fino a quando non mi sento più le dita
[Strofa 2]
Scrivo finché non sento più le dita
Scrivo finché non ho più la necessità di farlo
Muovo inchiostro, ho la telecinesi
Noi che ci siamo lasciati e ripresi, quanti pianti e malintesi
Quanti anni abbiamo passato convinti che fosse soltanto questione di mesi
Dimmi ora come mi vedi, come ti vedi, come ci vedi
Io ci vedo sorridenti con in sottofondo il demo di Steve Lacy
Discorsi muti sottintesi, a prendere il sole distesi
Su prati preferibilmente fuori dall’Europa però non inglesi
Ora dimmi se hai altri rimedi che io di biglietti ancora non ne ho presi
[Ritornello]
Questo mio vuoto non si riempie
Ma tanto ormai ci ho fatto l’abitudine
Appena posso prendo un volo
Cambio latitudine
Questo mio vuoto non si riempie
Ma tanto ormai ci ho fatto l’abitudine
Appena posso prendo un volo
Cambio latitudine